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La storia di Sirmione

  • Cultura, Turismo e Tempo Libero

Grazie alla sua felice posizione naturale, le diverse epoche storiche hanno lasciato a Sirmione segni così cospicui da offrire tuttora materia di nuovi studi e di nuove scoperte agli archeologi e agli storici. 
La storia conosciuta della penisola comincia nel secondo millennio a. C., l'età del Bronzo. Gli insediamenti palafitticoli lacustri, che si estendono da Salò a Garda, sono noti dall' Ottocento. In particolare, nel basso Garda sono stati rinvenuti tre siti sommersi: nella zona di lago della Maraschina (Comune di Peschiera) nel 1971, in quella di porto Galeazzi (Comune di Sirmione) e di San Francesco (Comune di Desenzano) nel 1976.

  • L'età romana
    L'età romana

    Successivamente anche la terraferma fu abitata, benché fino all'età romana manchi una documentazione che ne confermi le modalità. Possiamo pensare che il primitivo insediamento sirmionese sia nato grazie ad alcune caratteristiche del luogo. Anzitutto la particolare conformazione di questo lembo di terra circondato dall'acqua e quindi sicuro. Il territorio a nord del castello, che ha la forma di un triangolo con lato maggiore di m.1250 e larghezza massima di m. 750, è costituito da tre colline: Cortine, San Pietro in Mavinas, le "Grotte di Catullo".

    Su quest'ultima sorgono le rovine della villa romana (I secolo d. C.), che una lunga tradizione, priva di fondamento, attribuisce al poeta Catullo, vissuto nel I secolo a. C. E' probabile tuttavia che la famiglia veronese dei Valeri, alla quale apparteneva il poeta, avesse possedimenti a Sirmione; alcuni suoi famosi versi convaliderebbero questa ipotesi. La penisola, infatti, come tutta la costa del basso Garda, era luogo di villeggiatura di famiglie altolocate, come dimostra il rinvenimento di almeno tre ville, delle quali soppravvivono solo le rovine chiamate appunto "Grotte di Catullo".

    Le "Grotte di Catullo", che coprono un'area di due ettari, costituiscono la più imponente zona archeologica dell'Italia settentrionale. La vastità del sito e la scarsità di resti facilmente interpretabili rendono però difficile al turista inesperto una visita che gli permetta di orientarsi in modo soddisfacente. Il visitatore che si aspetta rovine simili a quelli di Pompei rimarrà sicuramente deluso: della villa vera e propria non è rimasto quasi nulla, ciò che si può vedere sono le sostruzioni, cioè le poderose opere murarie destinate a sostenere l'edificio e collocate al di sotto di esso, ed alcuni ambienti di servizio. Nonostante ciò, il fascino di questo luogo non passò inosservato ai visitatori del passato, che seppero cogliere l'armonia della fusione delle antiche pietre rosate con il paesaggio unico in cui sono immerse. Saper apprezzare contemporaneamente i segni dell'antichità e la bellezza della natura rende completa e indimenticabile la visita.
    Oltre alle sue bellezze naturali, Sirmione aveva una certa importanza nel sistema viario romano: si trovava infatti sulla via Gallica, l'antica strada che attraverso Bergamo e Brescia arrivava a Verona, dove si collegava con la via Postumia che, costruita nel 148 a.C., univa Genova ad Aquileia. A Desenzano la via Gallica proseguiva verso Peschiera lungo la costa, attraversando Rivoltella e Colombare.

     

    L'Itinerarium Antonini, un testo del III sec. d.C., testimonia l'esistenza di un luogo dove i viaggiatori potevano sostare, la mansio Sermione, situata a metà strada tra Brescia e Verona. Gli studiosi ritengono che l' antica mansio si trovasse nella località Vecchia Lugana, dove sorge un edificio che già a partire dal XV secolo è indicato dalle carte come Osteria o Betola, cioè posto di sosta e di ristoro. Qui la strada romana si raccordava con l'antica via per il borgo, l'attuale via Lucchino, ora passeggiata pedonale lungo la sponda orientale del lago. Proseguiva poi verso Peschiera, più rasente alla riva rispetto all'attuale statale 11.

  • I Longobardi e il Medioevo
    I Longobardi e il Medioevo

    Un periodo di grande rilievo nella storia di Sirmione fu quello della dominazione longobarda. Questa popolazione, proveniente dall'Europa del nord, dilagò nel 568 d. C. dal Friuli lungo l'asse stradale est-ovest verso Verona, Brescia, Bergamo, Milano e da lì scese verso Pavia. La penisola, stremata dalla guerra gotico-bizantina e dalla peste, non oppose resistenza all' avanzata dei nuovi invasori che si impadronirono di tutta l'Italia settentrionale eleggendo Pavia come loro capitale.

    All'interno del territorio conquistato, Sirmione occupava una posizione strategica, in quanto controllava la strada da Verona a Brescia e la via verso la val d'Adige. La sua importanza è testimoniata dal fatto che in questo periodo diventò capoluogo della judiciaria sermionensis, un'ampia zona che dalla Valtenesi si estendeva sino alla sponda orientale del lago e arrivava a sud fino a san Martino di Gusnago, frazione di Ceresara in provincia di Mantova, oltre a comprendere a nord la piana di Riva.
    Alcuni documenti forniscono notizie su tre chiese esistenti nella penisola in età longobarda, nella seconda metà dell'VIII secolo: san Martino, san Vito e san Pietro in Mavinas.

    La prima di queste, dedicata a san Martino, coincide forse con l'attuale chiesa parrocchiale di santa Maria Maggiore, che l'avrebbe rimpiazzata dopo la sua demolizione. L'edificio, che risale alla fine del XV secolo, presenta una pianta rettangolare con abside poligonale ed è orientata sull'asse est-ovest. Il lato nord poggia sui resti delle fortificazioni medievali. L'interno è a una sola navata suddivisa da tre arconi, con pareti decorate da affreschi risalenti ai primi anni del '500, ad esclusione di quelli sul fondo della parete nord che appartengono ad un periodo anteriore. L'altare maggiore, posto nell'abside, è stato intagliato in marmi pregiati.
    La chiesa dei santi Vito e Modesto, tuttora esistente, non coincide con l'antico edificio dell'VIII secolo, che venne abbattuto nel 1744 e ricostruito. Si tratta di una cappellina posta all'interno di una tenuta a circa due chilometri dal castello. Attualmente vi si officia in occasione della festa dei due Santi, che cade il 15 giugno.

    La chiesetta di san Pietro in Mavino, appartata dall'abitato, sorge sull'omonima collina, cui forse fa riferimento il misterioso toponimo: in summas vineas, cioè fra le vigne situate più in alto. L' edificio è stato rimaneggiato nei secoli, così da renderne difficile la cronologia: un mattone murato a fianco del portale reca la data 1320, anno del restauro dell'edificio e gli affreschi appartengono a quattro epoche diverse, delle quali due anteriori a questa data e l'ultima databile al 1525.
    La chiesetta, orientata sull'asse est-ovest, presenta una pianta rettangolare che nella zona absidale si restringe a causa di una deviazione del muro settentrionale. Nell'area del presbiterio vi sono tre absidi, una centrale più grande e due ai lati più piccole. Il soffitto è costituito da grosse travi in legno. Sul lato sinistro dell'altare maggiore si trova un'altra porta verso l'esterno. Sul medesimo lato, all'esterno, sorge il campanile, alto circa m. 17, al quale si accede dall'interno. Lontana dall'abitato, divenne forse lazzaretto e cimitero degli appestati che non potevano essere sepolti nella chiesa parrocchiale e nell'adiacente cimitero.

    Rimane inoltre traccia di una quarta chiesa longobarda, quella di san Salvatore, ormai da secoli quasi totalmente scomparsa, della quale si può scorgere una parte dell'abside all'inizio del vialetto che si inoltra nel parco pubblico. L'edificio, costruito dopo il 760 dalla regina Ansa, moglie di Desiderio ultimo re dei Longobardi, faceva parte di un piccolo complesso monastico femminile dipendente dall'omonimo monastero di Brescia, denominato santa Giulia a partire dal IX secolo. Da questo antico edificio provengono i reperti conservati nel castello, tra i quali due frammenti di ciborio recanti i nomi di Desiderio e e di suo figlio Adelchi.
    La presenza dei Longobardi a Sirmione, sin dai primi anni del loro insediamento in Italia, non è attestata solo dagli edifici di culto. A partire dal 1914 sono stati effettuati rinvenimenti di tombe nella zona tra la strada delle "Grotte", il "Lido delle Bionde" e via Piana, che testimoniano l'esistenza di un'antica necropoli situata in questa zona. In base alla tipologia degli oggetti ritrovati (coltelli, punte di lancia, pettini) si ritiene fosse utilizzata già nel primo periodo dell'insediamento di questo popolo che ha lasciato traccia anche nella toponomastica sirmionese: il nome del "Lido delle Bionde", deriva infatti da biunda, vale a dire "luogo recintato ".

     

    Nel 774 il regno longobardo cadde ad opera di Carlo Magno, re dei Franchi. Sirmione risentì di questo cambiamento: il borgo fortificato e il piccolo monastero di san Salvatore furono ceduti da Carlo al convento di san Martino di Tours per finanziare la vestizione dei monaci. Sirmione perse dunque la sua importanza amministrativa, scomparve come distretto e insieme alla zona circostante si avviò a diventare un piccolo centro fortificato del territorio di Verona.
    Più tardi, Sirmione si costituì comune e rimase autonoma, direttamente dipendente dal potere centrale imperiale, come dimostra un documento del 1220 con il quale l'imperatore Federico II conferma ai suoi abitanti i privilegi imperiali che avevano precedentemente ricevuto, tra i quali il diritto di pesca su tutto il lago.

  • Dagli Scaligeri alla dominazione veneziana
    Dagli Scaligeri alla dominazione veneziana

    Dal 1197 la penisola divenne soggetta al comune di Verona, poi alla signoria scaligera, assumendo una rilevante importanza grazie al controllo esercitato dal castello, che ospitava una guarnigione. L'edificio, quale ancor oggi si può ammirare, è opera degli Scaligeri, benché l'esistenza di una fortificazione anteriore alla loro dominazione sia attestata da più di un documento.

    Completamente circondato dall'acqua, il castello domina il lago dall'alto del suo mastio, la torre più elevata. La datazione dell'edificio è complessa. Le analisi murarie hanno portato all'identificazioni di tre fasi, delle quali la prima risale all'epoca di Mastino I della Scala (XIII sec.), la seconda ai primi anni del XIV sec., la terza alla metà del XIV sec., quando la darsena venne fortificata. Il nucleo principale è costituito dal cortile principale cintato da quattro cortine, dalle tre torri angolari e dal mastio.

    Al complesso del castello si collega la chiesa di santa Maria al Ponte, detta anche Oratorio della Beata Vergine al Ponte, ma chiamata sant'Anna dagli abitanti del borgo, che da tempo immemorabile identificano, senza alcun fondamento, la figura ritratta nell'affresco con la madre della Madonna. La chiesetta, da alcuni ritenuta la cappella della guarnigione di stanza al castello, è costituita da un vano con volta a botte e da un presbiterio. Nel Quattrocento era una piccola cappella, probabilmente un piccolo santuario come dimostrerebbe il frammento di affresco trecentesco posto sopra l'altare.

    Nel 1387 la dinastia dei della Scala tramontò con la fuga di Antonio e Verona cedette il campo alle due potenze tra le quali era stretta: Venezia e Milano. Per Sirmione iniziò un veloce avvicendamento di signorie, finchè nel 1405 ebbe inizio la lunga dominazione veneziana che durò sino al 1797.
    La Repubblica Veneta dominava sul Garda tramite un Capitano del Lago residente in Malcesine. Il dominio sulle acque non coincideva però con quello territoriale: Riva e il suo territorio appartenevano al Vescovo di Trento, mentre il Leone di san Marco campeggiava sulle terre delle province di Verona, tra le quali Peschiera e Sirmione, e di Brescia

    La storia di Sirmione durante i secoli della dominazione veneziana è povera di testimonianze. E' la storia di un piccolo borgo tranquillo, abitato da pescatori-olivicoltori entro il ponte, mentre nella campagna circostante i contadini si dedicavano alla coltura della vite e dei gelsi. Nel 1530 erano presenti sul territorio 1155 abitanti, successivamente in forte calo a causa delle epidemie. Il comune fu travagliato per secoli dalle contese tra Sirmionesi che vantavano un'antica discendenza, i cosiddetti "originari", e i nuovi arrivati, o "forestieri", riguardo alla gestione dei beni comunali, dalla quale fino al 1780 i forestieri rimasero esclusi. La comunità era governata da un consiglio eletto dalla "vicinia", cioè da una classe di cittadini che godevano di speciali diritti riguardo ai beni comunali.
    A fronte della miseria dei più, si affermarono nel periodo veneto le grandi proprietà terriere che facevano capo alle tenute padronali. Della loro passata grandezza rimane nell'entroterra un'unica testimonianza significativa, la cascina Onofria.

     

    La lunga dominazione veneziana ebbe fine nel 1796, quando Napoleone entrò nel Veneto per scatenare l'offensiva contro gli Austriaci. Nel 1797 conquistò Venezia, ma successivamente, con il trattato di Campoformio, la cedette all'Austria in cambio del Belgio e della Lombardia. Le armate austriache entrarono in Venezia nel 1798. Napoleone riconquistò Venezia dal 1806 al 1814, quando venne di nuovo scacciato dagli Austriaci. Nel 1848 Venezia insorse sotto la guida di Daniele Manin, ma nel 1849 gli Austriaci ritornarono fino al 1866, quando l'Austria cedette Venezia e il Veneto al re d'Italia. In quella data si ricompose l'unità territoriale del Comune di Sirmione, spezzata dopo la seconda guerra di indipendenza del 1859. Infatti il confine tra l'Austria e il Regno Sabaudo correva all'altezza dell'edificio detto "Vecchia Dogana", che nel nome racchiude la sua antica funzione

  • Lugana e Colombare
    Lugana e Colombare

    Sirmione non è solo il borgo antico. Anche il territorio fuori dal ponte è ricco di storia. 
    A sud della penisola, in un territorio oggi densamente urbanizzato, si estendeva l'antica selva Lugana o Ligana o Lucana o Litana. A causa della sua posizione strategica, essa fu teatro di numerosi fatti d'armi, tra i quali lo scontro tra Costantino e Massenzio nel 312 d. C. Forse proprio qui nella selva, in un luogo imprecisato, il papa Leone Magno nel 452 d. C. avrebbe convinto Attila, condottiero degli Unni, a ritornare al nord. I toponimi presenti in questa zona, quali san Benedetto, san Vigilio e san Martino, ricordano l'opera di bonifica agraria svolta anche qui dai monaci. La selva era però quasi sparita all'inizio del XVI secolo, poichè fu colonizzata e sfruttata come terreno agricolo. I terreni argillosi delle zone ancora coltivate producono il celebre vino Lugana.

    Nel territorio che faceva parte dell'antica selva Lugana sorgono ora due centri fittamente abitati che costituiscono due frazioni di Sirmione: Lugana e Colombare. Lugana è un insediamento che si raccoglie in particolare intorno alla chiesa, sorta tra il 1910 e il 1912, ma si estende sul territorio sino a comprendere il borgo di Rovizza, l'antica tenuta dei conti Rovizzi. Qui si può visitare la chiesetta dedicata a sant'Orsola, un tempo cappella nobiliare, e il Monumento all'Alpino, testimonianza del sacrificio di molti Sirmionesi che militarono in questo Corpo.

    La località Colombare prende il nome da un'antica cascina oggi scomparsa e consisteva, fino al secondo dopoguerra, in una distesa di campi punteggiata da poche abitazioni rurali. Negli anni Sessanta la popolazione in forte espansione volle la propria chiesa che, intitolata a san Francesco, fu inaugurata nel 1969. L'edificio, che interpreta le novità degli anni del Concilio Vaticano II, si presenta come una grande tenda a pianta circolare, costruita con pietra, cemento, rame e vetro colorato.
    Nel 2012 in via XXV Aprile, all'inizio della passeggiata lungolago è stata installata "Pietra Madre: il Menhir dell’amicizia e della pace" una scultura in pietra del Maestro Giuseppe Bongiorno.

  • La fonte termale
    La fonte termale

    Le attrattive naturalistiche e storico-archeologiche non sono le sole a caratterizzare Sirmione: sin dal Rinascimento era nota la presenza di una fonte termale calda e solforosa, la Bojola, che zampilla dal fondale a 250 metri dalla riva orientale della penisola.
    Il tentativo di canalizzare e sfruttare l'acqua, conservandone la temperatura originaria, ebbe però buon esito solo nel 1896. A partire da quaesta data, l'attività termale di Sirmione si ampliò successivamente e divenne nota in tutta Europa. Dopo la battuta d'arresto subita dall'economia a causa della Grande Guerra, la proprietà e la concessione passarono alla Società Terme e Grandi Alberghi Sirmione, nata nel 1921, che ancora le detiene. L'attività subì un'altra interruzione a causa della Seconda Guerra mondiale, nel corso della quale le truppe di occupazione danneggiarono sia le strutture alberghiere che le attrezzature termali. A partire dalla fine della guerra, tuttavia, le Terme conobbero un grande impulso, decisivo per l'occupazione e l'economia di Sirmione. La ripresa ebbe una tappa importante già nel 1948 con la costruzione del nuovo Stabilimento Termale e con la creazione di un Centro Cura della Sordità Rinogena. Attualmente gli stabilimenti sono due: il Catullo, nel centro storico, e, dal 1987, il Virgilio, a Colombare.
    L'acqua termale trova applicazione nella cura e prevenzione di disturbi otorinolaringoiatrici, broncopneumologici, reumatologici, ortopedici, dermatologici e ginecologici. Nel 2003 è stato inaugurato al Catullo il centro Aquaria che, riprendendo le antiche tradizioni romane, propone la piscina termale come fonte di benessere.
    Si può dire dunque che Sirmione ha ripreso e ampliato nel ventesimo secolo quella vocazione turistica presente già nel I secolo a. C.: è stato ricordato come gli edifici romani di cui si sono rinvenuti i resti fossero "seconde case" di ricche famiglie della zona. Per secoli Sirmione fu visitata da turisti attratti dalla sua bellezza naturale e dalle sue memorie storiche, ma gli alberghi, le ville, le seconde case, le strutture turistiche nacquero solo dal secondo dopoguerra.
    Attualmente la sfida che gli amministratori e gli operatori turistici devono affrontare è molto diversa da quella di cinquant'anni fa: allora si trattava di incrementare il turismo, ora bisogna cercare un equilibrio tra la necessità di salvaguardare la fisionomia del luogo e le forti sollecitazioni derivanti dall'afflusso continuo di visitatori, cui si somma l'incremento di popolazione residente che sta interessando tutto il basso Garda.

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